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ADDIO, A DOMANI

“Sabrina è una giovane napoletana afro-discendente che ha deciso di raccontarsi, di aprire i cassetti della memoria e di portare alla luce la sua «incredibile storia vera», quella di una ragazza con due madri. La prima madre si chiama Gladys, è nata in Nigeria, è venuta in Italia in cerca di un futuro migliore ed è finita a vendere il proprio corpo. L’altra, Antonietta, è napoletana. A separare le case in cui abitavano, una strada di Castel Volturno: un giorno Gladys l’ha attraversata e ha messo in braccio ad Antonietta la figlia appena nata, chiedendole di occuparsi di lei, di crescerla al posto suo. Troppo italiana per la famiglia di origine, troppo nigeriana per tanti italiani, per tutta la vita Sabrina è stata alla ricerca di un’identità. Scrivere questo libro è stato un modo per trovarla. «Questa storia avrei voluto scriverla dicendo: io. Perché è la mia. A mano a mano che ci entravo, però, mi sono resa conto di non riuscirci – troppo difficile, troppo doloroso. Ecco perché l’ho scritto dicendo: lei. Sabrina. Una ragazza napoletana afrodiscendente che un bel giorno decide di fare i conti con il tempo, di aprire certi cassetti della memoria e di ordinarne il contenuto sul letto, come quando si parte per un viaggio e si prepara la valigia. Ecco, io ora vi chiedo di partire con me. Abbiate fiducia. Datemi la mano». Sabrina Efionayi ha due madri. Una è Gladys, la sua madre biologica, che è nata in Nigeria ed è venuta in Italia a diciannove anni per lavorare e sostenere la famiglia rimasta a Lagos; non sapeva che il suo mestiere sarebbe stato vendere il proprio corpo. L’altra è Antonietta, è napoletana, e non immaginava che un giorno Gladys avrebbe attraversato la strada tra le loro case e le avrebbe messo in braccio Sabrina, chiedendole di occuparsi di lei, di diventare sua madre. Non lo immaginava, ma quando è successo ha accettato. Da quel momento Sabrina si è ritrovata in una situazione speciale, perché i rapporti con la sua madre biologica, con le sue origini, non si sono interrotti, e cosí lei è cresciuta tra Castel Volturno e Scampia, tra Prato e Lagos, cambiando famiglia, lingua, sguardo e cultura, in costante ricerca di un centro di gravità. Un’identità complessa, la sua, che già il nome racconta: Sabrina, come la figlia dell’aguzzina di Gladys, scelto per compiacerla; Efionayi, come un uomo che non è il padre, ma che le ha dato un cognome. Addio, a domani è «un prezioso racconto autobiografico […], narra la vicenda straordinaria (per una volta l’aggettivo non pare abusato) di una ragazza con due madri, una biologica e l’altra affettiva, e con un centro di gravità sempre in bilico tra l’Italia e l’Africa, che le diventa infine motore narrativo e presto le farà da propellente politico» (Goffredo Buccini, «7 – Corriere della Sera»). «Un romanzo scritto per raccontare le difficoltà di una vita iniziata in condizioni apparentemente senza speranze e poi costruita superando con tenacia e determinazione un ostacolo dopo l’altro» («Il Messaggero», link). «Mi ha molto commosso e mi ha molto colpito il libro, scritto benissimo. Lo consiglio anche per il piacere di leggere un italiano splendido, con un ritmo, una personalità e un’identità forte» (Massimo Gramellini, «Le parole – Rai3»).

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Questa storia avrei voluto scriverla dicendo: io. Perché è la mia. A mano a mano che ci entravo, però, mi sono resa conto di non riuscirci – troppo difficile, troppo doloroso. Ecco perché l’ho scritto dicendo: lei. Sabrina